Come trasformare le cavità nel sottosuolo in energia gravitazionale

Il primo esempio al mondo di riconversione di miniere di carbone dismesse
Gocce di 12 metri piene d’acqua che diventano batterie di accumulo

Siamo in un periodo storico particolare afflitto da numerosi conflitti bellici nel quale l’intelletto umano sta per essere sopraffatto da una nuova realtà, l’intelligenza artificiale (AI).
L’argomento ha destato molta attenzione anche al neo eletto al soglio pontificio, Leone XIV, l’8 maggio (foto pag.1, riquadro), dopo la scomparsa del tanto universalmente amato Papa Francesco, avvenuta il giorno di Pasquetta, 21 aprile, Natale di Roma (foto della folla di fedeli all’ultimo saluto, a pag 1).
Ma all’AI si dovrà forse arrendere l’intelletto umano?
Come è ormai acclarato l’attività cerebrale non riuscirebbe mai a eguagliarla nella rapidità delle decisioni, di calcolo, di connessioni ecc…, certamente parliamo di informazioni, tantissime, spesso remote ma si tratta sempre di conoscenze già note ma immesse sempre dall’intervento umano.
E allora ci si chiede cos’è il genio? A questo punto, il lettore potrebbe chiedersi quale sia la direzione del discorso.
Ci arriveremo tra poco, ma è utile fare prima un passo indietro. Cominciamo con un esempio, prendendo le mosse da una prospettiva ampia, utile a chiarire la differenza tra intelligenza umana e artificiale. Com’è noto, le miniere del Sulcis, in Sardegna, ormai fuori esercizio da quasi dieci anni, sono state sotto la pressione dell’Europa, che ha imposto la tombatura e il ripristino del territorio entro il 2026, con un ingente costo a carico della spesa pubblica. A questo si aggiungeva il problema sociale legato alle oltre mille maestranze, che rischiavano di trovarsi senza lavoro in una terra con grossi problemi occupazionali. Quindi nessuna speranza di futuro. La magnifica macchina da “guerra” giornalistica che è Report, che da oltre trent’anni si occupa di inchieste giornalistiche su Rai 3, attualmente condotta da Sigfrido Ranucci, ha cercato, con la divulgazione, di far conoscere i passaggi per ottenere energia pulita da fonti fossili come il carbone, ormai fuori legge, se si vuole salvaguardare la vita sul pianeta.
Veniamo al punto. Ed è qui che entra in azione l’uomo.
Partiamo dalla Svizzera. Ci si chiederà allora: “Cosa c’entra?” Qualche tempo fa un servizio giornalistico, Miniera di energia, si era occupato di far conoscere con che cosa in questo Paese sono state sostituite le batterie di accumulo, spesso al centro di polemiche per i loro elevati costi, all’interno di un impianto fotovoltaico.
Per immagazzinare l’energia prodotta da pannelli fotovoltaici, una azienda elvetica/americana ha ideato un sistema del tutto inusuale per la produzione di energia elettrica in mancanza del Sole: una serie di pesi di 35 tonnellate, a forma di parallelepipedi, vengono issati a qualche decina di metri di altezza da una gru gestita da un software, utilizzando l’energia in eccesso prodotta dai pannelli fotovoltaici.
Quando l’energia prodotta dal Sole è insufficiente, i pesi vengono fatti scendere a una velocità programmata, generando energia elettrica sfruttando l’energia gravitazionale, un po’ come accade per quella prodotta da una diga a sbarramento di un fiume.
A questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: che legame c’è tra tutto questo e la genialità?
Ed è qui che entra in azione Report. Un collega giornalista dello staff della celebre trasmissione televisiva, Michele Buono, che stava conducendo l’inchiesta, si è posto la domanda. Perché sollevare dei pesi e non sfruttare le altezze delle caverne già esistenti delle miniere per creare energia gravitazionale? Questo è stato il colpo di genio, una soluzione che nessuna intelligenza artificiale avrebbe mai calcolato. Da qui alle miniere del Sulcis il passo è stato breve.

Quaranta serbatoi a forma di goccia (attualmente due, utilizzate come test), serviranno come accumulo di acqua, captata dal sottosuolo tramite turbine idroelettriche, alimentate da fonti rinnovabili (fotovoltaico e pale eoliche). In mancanza di Sole per i pannelli e di vento per le pale, l’acqua accumulata nei serbatoi verrà rilasciata a cascata, generando energia elettrica gravitazionale, che sarà immessa in rete per le vicine centrali, diventando così delle vere e proprie batterie di accumulo (foto tratta dalla trasmissione Report su Rai 3)


Infatti le miniere, ormai dismesse, si trovano a profondità comprese tra i 350 e i 500 metri e si sviluppano per centinaia di metri attraverso una fitta rete di cunicoli sotterranei. Le aziende interessate si sono quindi mobilitate su questa idea per capire se fosse possibile realizzarla. Anche la Comunità europea si è interessata per verificare se il tutto potesse davvero funzionare. E ha funzionato: i parallelepipedi si sono trasformati in serbatoi a forma di goccia, alti 12 metri e larghi 10, che rilasciano l’acqua precedentemente captata dal sottosuolo delle miniere. Attraverso apposite tubazioni, l’energia cinetica dell’acqua rilasciata viene trasformata in energia elettrica sfruttando la gravità: energia che viene poi reimmessa nella rete tramite la vicina centrale.
E così il cerchio si è chiuso. Insomma le gocce sono diventate batterie di accumulo.
Il tutto è realizzato da aziende italiane: la turbina idroelettrica per il pompaggio dell’acqua; le gocce-serbatoi, costruiti a Castelnuovo Scrivia (Piemonte) da maestranze specializzate in architetture tessili; le opere civili e idrauliche, affidate a imprese sarde; i tubi in acciaio da 12 metri, forniti da aziende di Gela, in Sicilia. L’acqua utilizzata è quella già presente nella miniera.
I due serbatoi a forma di goccia realizzati per la prova sperimentale diventeranno quaranta una volta che l’impianto sarà a regime (come mostrato nella ricostruzione al computer nella foto qui sopra).
Si tratta del primo esempio al mondo di riconversione delle miniere di carbone, un modello che potrebbe essere replicato nelle numerose miniere dismesse presenti in Italia, in Europa e nel Resto del mondo, contribuendo ad azzerare i problemi ambientali.
È un vero riscatto anche economico per un territorio a lungo penalizzato dall’attività estrattiva: il progetto permette di riqualificare l’area, valorizzare le competenze locali e creare nuova occupazione, in un ecosistema restituito al benessere delle comunità coinvolte.

Gerardo Teta
Da La Gazzetta della Capitale n. 5/202
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